VI domenica per annum
Esto mihi in Deum protectórem, et in locum refúgii, ut salvum me fácias: quóniam firmaméntum meum, et refúgium meum es tu: et propter nomen tuum dux mihi eris, et enútries me (Dio, sii per me protettore e luogo di rifugio, per salvarmi: perché tu sei il mio firmamento e il mio rifugio: e per il tuo nome sarai la mia guida, e mi nutrirai) – cfr. Sal 30,3-4.L’antifona ci esorta a guardare il volto di Dio: protettore, rifugio, salvatore, nutrimento. Per due volte viene sottolineata la parola «rifugio». Ma Dio è anche «mio firmamento». E il firmamento nella cosmologia antica era il grande muro, fermissimo e immodificabile, che divide le acque del cielo da quelle della terra. Il punto fermo che divide il bene dal male, la vita dalla morte. Quel firmamento che ci dona una sapienza a cui non si può accedere con le categorie di questo mondo, ma può essere accolta da un cuore semplice. È solo in virtù di quella sapienza che possiamo togliere da noi l’occhio sempre pronto a vedere il male e la mano pronta a colpire. Ma questo significa essere nutriti dalla giustizia immensa del firmamento. Ben lontana dalla rigida applicazione delle regole. Quando quel firmamento è davvero diventato «mio».
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