Sesta domenica di Pasqua
Vocem jucunditátis annuntiáte, et audiátur, allelúia: nuntiáte usque ad extrémum terrae: liberávit Dóminus pópulum suum, allelúia, allelúia. (Annunciate la voce di letizia, e venga udita, alleluia: annunciate fino all’estremità della terra: il Signore ha liberato il suo popolo, alleluia, alleluia) – Cfr. Is 48,20. Vulg.La Parola del Padre, il canto delle creature, la voce del Pastore. L’antifona invita ad annunciare la Voce. E quale voce se non quella del Buon Pastore? Le pecore del Suo gregge ne riconoscono la voce perché hanno ricevuto «lo Spirito della verità» [in greco a-lètheia] (Gv 14,17), quello Spirito che farà ricordare ogni cosa (cfr. Gv 14,26), facendo riemergere dal fiume dell’oblio [il mitico Lete] tutte le grazie che hanno impreziosito la vita: «Ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto!» (Sal 65). «Una voce! Il mio diletto! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline» (Ct 2,8). Tre grandi arcate melodiche sembrano davvero portare quella voce «fino all’estremità della terra», balzando, con i loro tre Alleluia e i loro tre quilismi finali. «E vi fu grande gioia in quella città» (At 8,8). Ma non vi fu gioia nel mondo: il mondo «testardo e pagano nel cuore e nelle orecchie» (At 7,51) non riconosce quella voce. L’antifona è in terzo modo, il “modo mistico”, cioè ineffabile. Infatti il Signore non manda a diffondere teorie sulla gioia, ma a testimoniarla. E la testimonianza è che non siamo «orfani» (Gv 14,18), non siamo “figli del caso”, ma del Padre che ci ama (cfr. Gv 14,21). La vox jucunditatis «non contende, non grida e non si fa udire sulle piazze» (Mt 12,19); non condanna, non crea nuove schiavitù, ma ci libera dalle «catene inique» (Is 58,6), e sempre «con dolcezza e rispetto» (1Pt 3,15). È in questo modo che Gesù ama e si fa amare (cfr. Gv 14,21). «Perché la sua voce è soave il suo viso è leggiadro» (Ct 2,14).
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