XXII domenica per annum
Miserére mihi Dómine, quóniam ad te clamávi tota die: quia tu Dómine suávis ac mitis es, et copiósus in misericórdia ómnibus invocántibus te. (Pietà di me, Signore, poiché a te ho gridato tutto il giorno: Signore, sei dolce e mite, ricco di misericordia per tutti coloro che ti invocano.) – cfr. Sal 85,3.5 Vulg.L’antifona, come sempre, illumina il significato della celebrazione liturgica, anzi la porta a compimento, visto che è scritta in ottavo modo, il “modo perfetto” (perfícere significa portare a compimento). Colpisce una sorta di contrasto fra la supplica rivolta umilmente a Dio suávis ac mitis e il tono delle letture: Geremia parla di «violenza e oppressione» (Ger 20,8) e di un incontenibile fuoco che gli divora le ossa (cfr. Ger 20,9); Pietro rimprovera [epitimān] Gesù (Mt 16,22) e Gesù «rigirandosi disse a Pietro: “Vai dietro di me [opíso mou], Satana! Tu mi sei di scandalo”». La melodia dell’antifona è costruita sulla dominante (rigo con la chiave) e mette subito in evidenza la misericordia che porta verso l’alto: l’apice melodico è sulle parole copiósus in misericórdia [pieno di misericordia]. La misericordia di Dio non schiaccia colui che invoca, né la mitezza e soavità significano debolezza e mancanza di fermezza: la successione di tante note ripercosse sulla dominante sembra fissare inequivocabilmente i punti di riferimento. Allora, si comprende che la misericordia non è chiudere gli occhi sul male, ma dare un’altra occasione per essere fedeli. Proprio come fece Gesù dicendo a Pietro: «Vai dietro a me», cioè «Seguimi». La stessa parola che gli disse quando lo incontrò per la prima volta, là sul mare di Galilea (cfr. Mt 4,19).
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