XXIX domenica per annum
Ego clamávi, quóniam exaudísti me, Deus: inclína áurem tuam, et exáudi verba mea: custódi me, Dómine, ut pupíllam óculi: sub umbra alárum tuárum prótege me. (Ti ho invocato perché mi hai esaudito, o Dio: porgi l’orecchio ed esaudisci le mie parole. Custodiscimi, o Signore, come pupilla degli occhi, proteggimi all’ombra delle tue ali) – cfr. Sal 16,6.8 Vulg.L’antifona della XXIX domenica è ancora in terzo modo, il modo “mistico”. Il testo è tratto dal salmo 16 ed esordisce con una solenne tristropha sulla parola Ego seguita da due salti di quarta che portano la melodia alla dominante: un grido fiducioso che sale dall’Io fino all’orecchio di Dio [aurem tuam] che, grazie al Si bemolle sul torculus, sembra inclinarsi dolcemente verso l’orante. La fiducia di essere esauditi viene espressa con altre due tristrophae sulle parole exaudi e tuarum, entrambe sulla dominante. È la fiducia di chi sa che il disegno di Dio si compie attraverso vie misteriose: «Io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca» (Is 45,4). Crescendo in un tale rapporto di intimità, si può comprendere che Dio esaudisce, ascolta, custodisce e protegge e non è il rivale da temere, come invece suggerisce sempre il serpente (cfr. Gen 3,10). Un tempo lontano, Dio aveva creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26) e Gesù, guardando per chi e per che cosa abbiamo speso la nostra vita ancora ci chiede: «Di chi è questa immagine?» (Mt 22,20). Voglia Iddio che possiamo rispondergli: «È la tua Signore», piuttosto che non dover tristemente ammettere: «È quella di Cesare» (Mt 22,21).
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