XXVII domenica per annum
In voluntáte tua, Dómine, univérsa sunt pósita, et non est qui possit resístere voluntáti tuae: tu enim fecísti omnia, caelum et terram, et univérsa quae caeli ambitu continéntur: Dóminus universórum tu es. (Nella tua volontà, Signore, tutte le cose sono poste, e non vi è chi possa resistere alla tua volontà. Tu infatti hai creato ogni cosa, il cielo, la terra e tutto ciò che l’estensione del cielo contiene: tu sei Signore dell’universo) – cfr. Est 13,9-11 Vulg.Le letture della XXVII domenica sono tutte orientate a farci meditare sullo stridente rapporto fra Dio e il suo popolo, la “vigna del Signore”. L’antifona, scritta in modo “armonioso”, getta una luce atta a stemperare l’interpretazione moraleggiante che ne potrebbe derivare e, soprattutto, mette in evidenza la stabilità dell’amore di Dio. Non è un caso che l’antifona sia tratta dal libro di Ester, celebrazione della Provvidenza divina (due versetti “deuterocanonici”, cioè aggiunti nella versione greca). Visivamente, si può notare che l’armonia torna costantemente sulla nota fa (secondo rigo) indicando tanti punti fermi; ci sono ben sei tristrophae! Caelum et terra et universa [cielo e terra e tutto ciò] sono uniti dalla stessa melodia, come pure omnia [tutte le cose] e caeli ambitu [l’estensione del cielo]. Ma il punto fermo, in realtà, è uno solo. Dio ha affidato a ciascuno un campo da coltivare (cfr. Mt 21,33). Il campo ha sempre caratteristiche comuni: «una siepe, un muro di cinta» (Is 5,5); «una fossa per frantoio» e «una torre» (Mt 21,33). Ma il diavolo fece credere all’uomo che quel limite non fosse il tratto che gli donava una identità, ma ne segnasse l’infelicità (cfr. Gen 3,4-5); gli fece credere che la fossa non servisse a spremere «il vino che allieta il cuore dell’uomo» (Sal 103), ma una cloaca da riempire di fango; gli fece credere che la torre non servisse per discernere il bene dal male, ma per sfidare il cielo (cfr. Gen 11,4). L’antifona ci richiama ancora all’armonia della dimensione originaria, «in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28). E con i suoi dolci climacus ci ricorda che il Dio dell’universo è sceso fino a noi per riportarci vicini a Lui.
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