XV domenica per annum
Dum clamárem ad Dóminum, exaudívit vocem meam, ab his qui appropínquant mihi: et humiliávit eos, qui est ante sǽcula, et manet in ætérnum: jacta cogitátum tuum in Dómino, et ipse te enútriet. (Mentre gridavo al Signore, egli ha udito il mio grido e mi ha liberato da quelli che mi assalgono, e li ha umiliati, perché egli è prima dei secoli e rimane in eterno. Getta il tuo pensiero sul Signore ed egli ti nutrirà.) – cfr. Sal 54,17-20 Vulg.Le letture della XV domenica ci pongono davanti alla realtà, sconcertante, in cui la Parola di Dio che, pur essendo la stessa forza creatrice, per potersi esprimere in tutta la sua vitalità, necessita di un terreno particolare: il cuore dell’uomo (cfr. Mt 13,19). In modo sorprendente, essa porterà a compimento il suo progetto (cfr. Is 55,11), ma dopo aver attraversato tutte le sofferenze della terra inquinata dal peccato (cfr. Rm 8,22); il lungo tragitto che va dalla semina (cfr. Mt 13,3) fino alla «redenzione del nostro» corpo (Rm 8,23). L’antifona è in modo terzo, il modo “mistico”, che indica una particolare relazione di amore col Signore. Il seme della Parola (cfr. Mt 13,19) non è una bella teoria, ma una vita che germoglia, cresce e fruttifica (Mt 13,5;7-8), segno oggettivo del misterioso incontro tra la Volontà di Dio e il libero arbitrio. È bello sapere che l’incontro con la Parola produce comunque un buon frutto. Allora, anche coloro che si avvicineranno [appropínquant] a noi condivideranno il buon frutto di essere «resi umili» proprio da «Colui che rimane in eterno». Ciò si comprende bene osservando l’arcata melodica che sale fin sopra il tetragramma sulla parola humiliávit. Segno evidente che sempre il Signore «innalza gli umili» (Lc 1,52).
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