Domenica di Pasqua
Résurrexi et adhuc tecum sum, allelúia: posuisti super me manum tuam, allelúia: mirábilis facta est sciéntia tua, allelúia, allelúia. (Sono risorto e sono ancora con te, alleluia. Hai posto su di me la tua mano, alleluia. Mirabile è diventata la tua conoscenza, alleluia, alleluia.) – cfr. Sal 138, 18.5.6 Vulg.Le commoventi parole dell’antifona d’introito sembrano le battute di un dialogo tra il Padre e il Figlio. Alla nascita del Verbo erano risuonate le parole del Padre: «Tu sei mio Figlio, Io oggi ti ho generato». Oggi, in modo sommesso, il Figlio dice: «[Papà], sono risorto! Sono ancora con te». Anche visivamente, si può costatare che le note partono dal basso e avvolgono il tetragramma senza salire oltre la sua metà. I quattro Alleluia si muovono fondamentalmente su tre note. Non svettano verso l’alto come ci si potrebbe aspettare; sembrano ricordarci che il primo Alleluia della Resurrezione risuona dal profondo della nostra terra, e che la nostra «vita è nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,3). È un Alleluia quasi timido che risuona quando è ancora buio, ma stanno spuntando le prime luci dell’alba. È l’Alleluia al termine di una corsa affannosa che ci lascia stupiti perché non ci fa trovare il Signore esattamente dove ci aspettiamo. Ma ci fa vedere una preziosa traccia: il telo che lo aveva avvolto. Anche trent’anni prima un piccolo lenzuolo era stato un grande segno: Dio si era fatto bambino. A guardarci bene, anche il lenzuolo vuoto è un grande segno: il Salvatore non è dentro al guscio delle vesti, ma nel «cuore buono e perfetto» (Lc 8,15). Basta solo comprendere «che egli doveva risorgere dai morti» (Gv 20,9). Alleluia.
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