Christus factus est pro nobis obédiens usque ad mortem, mortem autem crucis. Propter quod et Deus exaltábit illum et dedit illi nomen quod est super omne nomen (Cristo si è fatto per noi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome) – cfr. Fil 2,8-9 Vulg.
Le parole sono tratte dall’inno cristologico contenuto nella lettera ai Filippesi (Fil 2,6-11) che, nel testo CEI 1971, così recita:
6 [Cristo Gesù], pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8 umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11 e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
… Il testo comprende un duplice movimento: discensionale e ascensionale. Nel primo, Cristo Gesù, dallo splendore della divinità che gli appartiene per natura sceglie di scendere fino all’umiliazione della «morte di croce». Egli si mostra così veramente uomo e nostro redentore, con un’autentica e piena partecipazione alla nostra realtà di dolore e di morte. Il secondo movimento, quello ascensionale, svela la gloria pasquale di Cristo che, dopo la morte, si manifesta nuovamente nello splendore della sua maestà divina. Il Padre, che aveva accolto l’atto di obbedienza del Figlio nell’Incarnazione e nella Passione, ora lo «esalta» in modo sovraeminente, come dice il testo greco. Questa esaltazione è espressa non solo attraverso l’intronizzazione alla destra di Dio, ma anche con il conferimento a Cristo di un «nome che è al di sopra di ogni altro nome» (v. 9). Ora, nel linguaggio biblico il «nome» indica la vera essenza e la specifica funzione di una persona, ne manifesta la realtà intima e profonda. Al Figlio, che per amore si è umiliato nella morte, il Padre conferisce una dignità incomparabile, il «Nome» più eccelso, quello di «Signore», proprio di Dio stesso. Infatti, la proclamazione di fede, intonata coralmente da cielo, terra e inferi prostrati in adorazione, è chiara ed esplicita: «Gesù Cristo è il Signore» (v. 11). In greco, si afferma che Gesù è Kyrios, un titolo certamente regale, che nella traduzione greca della Bibbia rendeva il nome di Dio rivelato a Mosè, nome sacro e impronunciabile. Con questo nome “Kyrios” si riconosce Gesù Cristo vero Dio. Da un lato, allora, c’è il riconoscimento della signoria universale di Gesù Cristo, che riceve l’omaggio di tutto il creato, visto come un suddito prostrato ai suoi piedi. Dall’altro lato, però, l’acclamazione di fede dichiara Cristo sussistente nella forma o condizione divina, presentandolo quindi come degno di adorazione… (Benedetto XVI, Udienza generale del 26 ottobre 2005)
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti sono soggetti a moderazione e verranno pubblicati dopo essere stati approvati.
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti sono soggetti a moderazione e verranno pubblicati dopo essere stati approvati.