Corpus Domini
Cibávit eos ex ádipe frumenti, allelúia: et de petra, melle saturávit eos, allelúia, allelúia, allelúia. (Li ha nutriti con fiore di frumento, alleluia, li ha saziati con miele dalla roccia, alleluia, alleluia, alleluia) – Cfr. Sal 80,17 Vulg.I modi gregoriani hanno una sonorità intrinseca che contribuisce a definire sempre meglio il significato dei testi musicati. Ebbene, dobbiamo chiederci cosa abbia spinto l’anonimo compositore medievale a scegliere proprio il secondo modo, il “modo triste”, per musicare un’antifona in cui si parla di nutrimento, miele, frumento, esultanza, con ben quattro alleluia distribuiti nelle tre righe! I doni di Dio non hanno un happy end obbligato. L’uomo può tristemente dimenticare «tutto il cammino che il Signore ha fatto percorrere» (Dt 8,2), può «dimenticare il Signore Dio che lo ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù» (Dt 8,14). Tristemente, l’uomo può anche mangiare il pane del cielo, il pane dell’immortalità e morire (cfr. Gv 6,58), come il prezioso seme può morire soffocato tra sassi e spine (cfr. Mc 4,5;7). L’uomo può anche usare la stessa bocca che «mangia la carne del Figlio dell’uomo» (Gv 6,53) per mordere e divorare i fratelli (cfr. Gal 5,15). Ma basta poco per accorgersi che fare comunione è molto di più che mangiare una particola: con gli occhi della fede è così semplice capire che «poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo» (1Co 10,17)! Allora anche la «roccia durissima» (Dt 8,15) del cuore umano può saziare col suo miele tutti coloro che vagano nel «deserto grande e spaventoso» (Dt 8,15) dell’esistenza. Alleluia, alleluia, alleluia!
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